La riduzione del rumore è una necessità non più rimandabile per le città d’Europa ma dobbiamo anche saper alzare l’asticella rispetto a questo pur fondamentale obiettivo. L’approccio più innovativo al problema è volto non solo alla sua riduzione basata su precisi parametri ma anche alla valorizzazione o alla riscoperta dei suoni esistenti nelle città: un concento di suoni positivi che disegnano un paesaggio vivace ed ospitale per le comunità umane.

Ridurre il rumore è un obiettivo da concretizzare quanto prima per le città. Il problema sta diventando sempre più pressante a livello europeo. Uno studio di AEA (Agenzia Europea dell’Ambiente) fotografa una situazione estremamente preoccupante: una persona su cinque in Europa – il rapporto cresce nelle aree urbane – convive con livelli di rumore valutati come nocivi. Le differenti, ampie e gravi ricadute sulla salute degli uomini e sulle specie animali impongono alle comunità e ai decisori politici una seria valutazione del rischio di esposizione a un rumore alto e continuativo. Malattie croniche, disturbi cognitivi e di approfondimento ma anche sparizione di specie animali e in ultima istanza perdita di reddito e spese sanitarie in aumento sono alcuni dei tristi lasciti del rumore incontrollato. Motivazioni più che valide per agire.

Il primo indiziato è il traffico. La principale fonte del rumore in Europa è, ancora, il traffico. Uno sviluppo urbano spesso caotico e non governato (sappiamo bene quanto questo abbia inciso sulle nostre città), unito alla saturazione di automobili – sempre l’Italia, come risaputo, ha puntato quasi esclusivamente sul trasporto – ha portato una frazione sempre più ingente di persone a convivere abitualmente con il traffico urbano che produce le ripercussioni negative cui abbiamo accennato in precedenza.

La meta è ancora lontana. Per le ragioni più disparate, a cominciare dalle ripercussioni economiche nel breve periodo, il raggiungimento di questo obiettivo, nonostante i danni consistenti sulla popolazione, però, è tutt’altro che agevole.

(…) L’Agenzia europea dell’ambiente riconosce che il numero di persone esposte ad alti livelli di rumore non sta diminuendo e che l’obiettivo del 7° Programma di azione per l’ambiente di ridurre l’inquinamento acustico in Europa e avvicinarsi ai livelli raccomandati dall’OMS entro il 2020 ha non è stato raggiunto (SEE 2020). L’Agenzia stima che il numero di persone esposte a livelli elevati di rumore del traffico stradale aumenterà probabilmente a causa della futura crescita urbana e di una maggiore domanda di mobilità (SEE 2020)” [1].

A livello urbanistico sono diversi gli approcci e le tipologie di intervento esperite per concretizzare la riduzione del rumore. Una soluzione da cui poter trarre spunto è la riapertura del canale Singel (Stadsbuitengracht) di Utrecht [2], costruito nel 1122, e interrato per essere trasformato in autostrada nel 1968. Ritornano l’acqua e la natura dove prima c’era il cemento soffocante, le automobili lasciano il posto alle biciclette, ai pedoni, alle barche, l’uomo rimedia, finalmente, ad un grave errore [3]. Un intervento di ampio respiro urbanistico che ridisegna la città favorendo la riscoperta di un luogo da sempre significativo per lo sviluppo economico e per l’identità cittadina e garantisce un miglioramento apprezzabile della qualità della vita. Comprensibile il miglioramento in termini di rumore da traffico grazie a questo intervento di scuola che, inoltre, come dimostrato, non ha peggiorato nemmeno le condizioni del traffico urbano. Oltre a Utrecht, sono sempre di più le città che stanno riconvertendo le infrastrutture in aree verdi [4].

È un caso da cui prendere esempio ma non il solo. Il ritorno all’acqua, dopo il cemento, e quindi al trasporto sull’acqua, anziché su ruota, è stato messo in pratica anche dalla città di Anversa, uno dei più importanti porti a livello europeo e mondiale. Non sono gli unici esempi. Molte città hanno messo in pratica interventi di riduzione o contingentamento del traffico, con limiti precisi alla velocità o al rumore emesso dalle marmitte dei mezzi [5]. A questi ne seguono altri di contenimento del rumore come l’utilizzo di asfalto con i materiali fonoassorbenti (come quello con gli pneumatici fuori uso) o l’istallazione di barriere sonore nei punti di maggiore concentrazione del traffico dopo precisi studi.

Stop all’inquinamento acustico con un asfalto innovativo – Sisma Engineering

Le nostre città sono chiamate ad una sfida decisiva: ripensarsi dopo la pandemia. Se ne è trattato dettagliatamente nell’ultima edizione di Domus Forum che ha messo in luce alcune delle traiettorie possibili di nuovo sviluppo delle città ovvero “complexity, net, education, freedom, sustainability, fragility, space, resilience, solidarity, vision” [6]. In questi contenitori tematici rientra anche un approccio differente al rumore urbano e alle sue fonti, traffico in primis. Per questo prendiamo in prestito il concetto di “paesaggio sonoro” (“Soundscape”) [7] che rileva quanto il rumore urbano non sia solo un fattore negativo ma contribuisca, fin dalla tenera età, a costruire le percezioni del reale. Iniziamo a selezionare e valorizzare i bei suoni che ci aiutano a orientarci nella città.

Bibliografia

  1. Radicchi A., Cities & Health, “Sound anche the healthy city”, 2020;
  2. Post di Rinavigli su Instagram;
  3. Stoyles M., Bicycledutch, “Utrecht corrects a historic urban design mistake”, 19/09/2020;
  4. Totaro R., Domusweb, “La metamorfosi del cemento in verde urbano: Parigi, Shanghai e altri esempi”, 19/01/2021;
  5. Di Stefano D., La Repubblica, “Traffico, che rumore. Ecco cosa fa l’Ue per abbassare i decibel”, 19/04/2021;
  6. Domusweb, “domusforum 2020 – dieci parole chiave per ripensare il futuro urbano”, 04/11/2020;
  7. Radicchi A., Cities & Health, “Sound anche the healthy city”, 2020.

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